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Il Simbolismo Polare e la Tradizione Artica

di Andrea Anselmo

IL SIMBOLISMO POLARE E LA TRADIZIONE ARTICA

(la terra di Thule e la mitica età dell’oro)

I parte

Se si volesse rintracciare nella Tradizione un elemento di assoluta sacralità che accomuni le forme spirituali dei popoli indoeuropei non si potrebbe trascurare il mitico continente iperboreo dove, sempre secondo la Tradizione, gli antenati degli indoeuropei vissero quella esistenza in senso superiore che molti autori classici Greci e Romani chiamano “Età dell’Oro”. Questo leggendario continente situato all’estremo Nord del mondo era chiamato terra di Thule ed essa era la patria degli Iperborei, che secondo la leggenda furono dei semi-dei, primi antenati degli indoeuropei. Da Thule deriverebbe secondo la mitologia Greca, Apollo, divinità solare per eccellenza e vedremo che la solarità che deriva da Thule non è per nulla casuale. L’età dell’oro viene descritta, ad esempio da Esiodo e da Virgilio, come un’era in cui i primi uomini vissero un’esistenza di tipo semi-divino, lontana dalle fatiche del lavoro e consacrata ad una esistenza rituale, nel senso che specificheremo in seguito, superiore a qualsiasi civiltà umana venuta in ere successive. La summa delle esperienze che questi iperborei conobbero presso Thule è detta Tradizione e i germi di quest’ultima sarebbero destinati a risiedere addormentati nel sangue dei loro discendenti nei secoli successivi, pronti ad essere risvegliati attraverso il rituale dell’iniziazione. Thule, dopo la fine dell’età dell’oro, diventa irraggiungibile ed introvabile per chi non è degno di arrivarci e inoltre nelle descrizioni mitiche è spesso rappresentata come una montagna in mezzo al mare (si parlerà nei prossimi articoli del simbolismo della montagna). Nelle ere successive a quella dell’oro gli unici che potranno raggiungere Thule saranno i guerrieri attraverso una morte eroica sul campo di battaglia.

Negli ultimi due secoli queste antiche leggende, che sarebbe una colpa considerare solo tali, furono esaminate e comparate nelle loro differenti versioni a seconda del ceppo indoeuropeo che le tramandò. In questo senso hanno lavorato autori come G.Dumezil, R. Guenon e J. Evola, scandagliando tradizioni e miti spesso degenerati in forme folkloristiche, in tutte le aree di influenza indoeuropea, riscoprendo analogie linguistiche, culturali e spirituali a tratti sorprendenti tra cui la succitata “Tradizione Artica” che ruota attorno alla leggendaria Thule, la terra degli antenati di tutti gli indoeuropei che vista in chiave moderna, potrebbe essere la “fatherland” di chi oggi, Nobile Europeo, non vuole assoggettarsi all’omologazione della società mondialista e multirazziale. R. Guenon oltre a scrivere numerosi libri di stampo tradizionale con riferimento alle leggende sull’estremo Nord (Il re del mondo, Crisi del mondo moderno) fece conoscere in Europa uno studioso indiano, Tilak, esperto di antichi testi sacri indù che col suo libro “L’origine artica dei veda” confermò la tendenza ad una riscoperta della Thule. I veda sono infatti i più antichi testi sacri indù che riportano la religiosità degli Arii, una popolazione indoeuropea proveniente dal Nord (quindi dalla pelle bianca) che invase la penisola indiana intorno al 1500 a.c. istituendo il sistema delle caste, che anticamente significavano “colore”, riferito al colore della pelle, ponendo ai gradi più bassi gli autoctoni dalla pelle scura e ai gradi più alti (guerrieri e sacerdoti) gli invasori Arii (vedremo come questa divisione non sia una forma di discriminazione razziale ma bensì una sistemazione organica in cui ogni casta incarna la propria funzione in base alle proprie caratteristiche spirituali e materiali, proprie della stirpe di appartenenza). I veda antichi sono quindi la raccolta della “religio” del popolo Ario, una religiosità di tipo uranico ed olimpico (che cioè credeva nell’esistenza di divinità che risiedevano in una realtà posta “fisicamente” al di sopra della terra). Tilak studiando minuziosamente i Veda ritrovò numerosissime descrizioni di fenomeni celesti che si potevano rilevare soltanto all’estremo Nord del mondo. Per esempio in alcuni passi si parla di una notte e di un giorno che durano sei mesi, oppure in altri passi, si parla della posizione di alcune stelle, come la stella polare ma in posizioni che non sono osservabili in India ma solo al Polo nord (la stella polare viene infatti descritta nei Veda posizionata nello zenit “come l’asse del mondo”) oltre che dell’arrivo di un anno il cui inverno dura dieci mesi e la cui estate solo due. Tutte questi esempi non possono essere casuali e provano che effettivamente gli Arii derivassero dall’estremo Nord del mondo, dando così una veste più realistica alla leggenda di Thule. Ma Tilak non si ferma qui e rintraccia analogie di questo genere anche presso la religione Iranica e presso alcuni filosofi presocratici come Anassimene. Un altro studioso, L. Wirth, compie lo stesso tipo di indagine analizzando il “Crepuscolo degli Dei” nordico, il “Ragnarokk”, giungendo a conclusioni simili a quelle di Tilak e in Italia Renato del Ponte rintraccia un simbolismo Artico nella religiosità, nelle misurazioni del tempo e nel simbolismo urbano di Roma antica. Si scoprì quindi che il mitico Ragnarokk nordico presentava, come i Veda, descrizioni di fenomeni celesti che si possono rilevare solo al Polo ed inoltre descrive, attraverso il mito del crepuscolo degli Dei l’arrivo dell’ultima glaciazione, ovvero dal nostro punto di vista la fine dell’età dell’oro e l’abbandono della Terra originaria, che costringerà gli indoeuropei a spostarsi in continuazione in cerca di terre ospitali. Una di queste è il Lazio, dove la tribù dei Latini fondò Roma antica. E’ interessante notare come anche nella religione delle origini Romana e nel sistema di misurazione del tempo in vigore nei primissimi periodi emerga un simbolismo polare stupefacente che sarà oggetto di una trattazione specifica in futuro. Possiamo dire in conclusione come anche i Romani, in quanto popolazione indoeuropea, presentino reminiscenze artiche e quindi legate, dal punto di vista mitico e metastorico, all’età dell’oro e al simbolismo di Thule. Per concludere possiamo affermare di aver tracciato un inquadramento generale in cui inserire in futuro una descrizione sui simboli e sui significati della Tradizione indoeuropea affinché essa ci guidi nell’attuale età di decadenza che stiamo attraversando. Inoltre è importante riscoprire questo tipo di retroterra tradizionale per ricongiungersi a quelle forme di pensiero che più ci avvicinano alle nostre radici etniche e conoscitive per ritrovare una visione del mondo che sia al tempo stesso nuova ma anche antica da contrapporre all’ideologia massificante della globalizzazione e della società multiculturale e multirazziale che per loro stessa natura distruggono le realtà preesistenti per poi ricomporle su base esclusivamente economica e consumistica.

IL SIMBOLISMO POLARE E LA TRADIZIONA ARTICA

(la terra di Thule e la mitica età dell’oro)

II parte

Nel precedente articolo abbiamo delineato come esistesse presso gli indoeuropei un mito, quello di Thule, collegato ad una più alta forma di esistenza, che rappresenta il ricordo trasposto in chiave mitica della patria originaria degli indoeuropei. Ma la forza di un mito trova sempre una rappresentazione simbolica e in questo caso la simbologia che andiamo prendere in esame è quanto di più evocativo possa esserci per chi come noi voglia creare un movimento di vera destra radicale. Questa simbologia è quella dello swastika, del fyrfos, della ruota del sole e della croce celtica. Mi rendo conto che gli avvenimenti della prima metà del secolo scorso abbiano messo in cattiva luce alcune simbologie, come quella dello swastika, che secondo me andrebbero riproposte nel loro significato originario, così come suggerito dalla Tradizione stessa. Per quanto riguarda gli altri simboli, come la croce celtica, è utile delinearne il vero significato e la sua vera collocazione spirituale dopo che agli occhi dell’opinione pubblica essa è stata associata troppo spesso a fenomeni che con la vera destra tradizionale e radicale nulla hanno a che spartire. Allo swastika sono associati da parte di numerose tradizioni alcuni significati di base che ritengo oltremodo indispensabile esaminare:

  • CENTRALITA’: Il centro dello swastika è la parte più importante di questo simbolo. Si può pensare ad esso come il popolo Ario stesso.
  • SOLARITA’ Nel centro molti autori collocano la posizione del sole o per lo meno del principio o motore immobile dell’universo. A mio parere sono gli uncini a possedere il senso di solarità. Vedremo in seguito perché.
  • PREDESTINAZIONE ALLA NOBILTA’ E AL COMANDO Secondo alcune leggende chi vede uno swastika in sogno è predestinato al comando. Inoltre il numero di riferimento dello swastika è il 12+1 ovvero il 13 numero che contraddistingue, e vedremo perché, il prescelto.
  • FORZA VORTICOSA DI PERENNE RIVOLUZIONE Dal centro si sviluppa una forza di rotazione che il centro stesso (motore immobile) provoca ma di cui non fa parte. Vedremo che da questa si può pensare come trasposizione in chiave meta politica al capo di un popolo che ordina in modo sacro la società che è destinato a comandare senza però che gli umori e le pulsioni inferiori della massa lo possano turbare.

Detto ciò bisogna ricollegare la Tradizione e il suo simbolismo alle festività che più di tutte la rappresentano ovvero i riti ancestrali del solstizio celebrati con l’accensione di un falò sacro. I solstizi sono due quello d’estate e quello d’inverno. Gli antichi indoeuropei vedevano nel solstizio d’inverno il momento più tragico nella “vita” del sole poiché la notte era la più lunga dell’anno e quindi il sole sembrava morire senza mai più rinascere. Dalla festività del solstizio d’inverno nasce il Natale. Infatti la data del 25 dicembre è la data approssimativa del solstizio che gli antichi indoeuropei collocavano tra il 21 e il 25 dicembre a seconda del ceppo di appartenenza (la scarsa precisione è imputabile ovviamente alla mancanza di precisi strumenti di misurazione). Un esempio su tutti è la nascita di Mitra dio sole della religione iranica che nasce il 25 dicembre. Anche le usanze dell’albero di Natale e dei doni sono di origine pagana. Il solstizio d’estate era invece il momento del trionfo e dell’apoteosi del sole. Esso veniva festeggiato sempre con l’accensione di un falò (pratica che si può facilmente rintracciare nella festa di S.Giovanni in quel di Torino).

La mia personale teoria sullo Swastika parte dalle origini artiche delle stirpi Arie che avrebbero dovuto assistere, alle origini della loro esistenza quando abitavano nella regione artica, quindi dal punto di vista mitico presso la terra di Thule, a fenomeni celesti del tutto particolari come quello del sole che sembra ruotare, senza mai calare, attorno alla testa dell’osservatore che sarebbe così al centro del moto di rivoluzione apparente del sole attorno alla terra. Ho assistito personalmente a questo fenomeno, detto comunemente sole di mezzanotte, in gioventù a capo Nord in Norvegia in occasione del solstizio di estate. In effetti per un osservatore posto nella regione artica il sole, in quel momento, sembra girargli attorno compiendo un moto di rivoluzione apparente. Di qui la mia teoria sul significato dello swastica in cui gli Arii sarebbero il centro della croce e gli uncini sarebbero le varie fasi del sole nel suo moto di rivoluzione apparente attorno al polo.

Dalle figura anche se un po’ artigianale, si può appurare come la mia teoria sia facilmente comprensibile. Nella figura tradizionale seguente si può notare ancora meglio l’adattabilità della mia tesi.

Ora mi auguro che il lettore attento possa applicare senza difficoltà allo swastika le caratteristiche enunciate precedentemente (Solarità, Centralità, Forza vorticosa di perenne rivoluzione)

Per ciò che riguarda il significato numerico e di predestinazione bisogna ricordare che lo swastika può essere rappresentato da dodici punti più il punto centrale. Il dodici è un numero il cui simbolismo sacro si manifesta nel numero dei mesi dell’anno, nel numero dei segni dello zodiaco, nel numero degli Ansen (gli eroi che siedono accanto a Odino nel Wahlalla), nel numero delle verghe che compongono il fascio, nel numero degli dei Olimpici, nel numero dei cavalieri di Re Artù, nella durata del III Reich e infine nella tradizione cristiana, quindi appartenente a un ciclo già decadente, nel numero degli apostoli. Il punto centrale, il tredicesimo, è quello che contraddistingue il prescelto e/o l’eletto, colui che è destinato a compiere più alte imprese. Basti per tutti l’esempio di Parzival il cavaliere della Tavola Rotonda che sedette nel tredicesimo seggio senza subire disgrazie (al contrario di coloro che vi si erano seduti in precedenza) dimostrando di essere colui in grado di cercare il Santo Graal. Il centro dello swastika è il tredicesimo seggio, quindi il punto più importante in cui si situa il motore immobile, la forza prima della forza di rivoluzione che non viene però coinvolta dal moto stesso. Ora si può capire pensando al tredicesimo, cioè all’eletto, la leggenda orientale in cui chi vede uno swastika fiammeggiante nel cielo durante il sonno, è destinato a comandare. Lo swastika può essere sostituito da figure leggermente diverse dal punto di vista grafico ma equivalenti dal punto di vista simbolico. Queste figure sono la ruota del sole, il Tryfos, la croce uncinata e la croce celtica.

       

Nelle figure abbiamo rispettivamente una ruota del sole, una celtica e una croce uncinata. La croce celtica assume oltre al significato solare anche un significato di collegamento tra mondo terreno e mondo celeste. Infatti l’asse orizzontale rappresenta il mondo terreno mentre quello verticale il mondo celeste. Inoltre il simbolismo è doppio in quanto il cerchio è tradizionalmente un simbolo di divinità mentre la croce un simbolo di materialità. Per finire ricordiamoci che le croci celtiche venivano scolpite nella pietra e conficcate nella terra creando quindi un asse simbolico terra cielo così come i menhirs preistorici. Parleremo in seguito dei dati archeologici legati a questi simboli.

IL SIMBOLISMO POLARE E LA TRADIZIONA ARTICA

Come il simbolismo polare arrivò sino a Noi

III parte

Sino ad oggi abbiamo descritto significati e origini etniche e tradizionali indoeuropee al di fuori della storia di cui comunemente siamo abituati a parlare. Ovvero l’esperienza di Thule che si colloca prima dell’inizio della storia stessa (per questo parliamo di riferimento mitico) e delle manifestazioni della tradizione nell’ evo antico. Ma ora dobbiamo occuparci di come si è passati dal cosiddetto evo antico al medioevo e quali sconvolgimenti culturali si sono accompagnati a questi fenomeni. Con la diffusione del cristianesimo tra le plebi del mondo conosciuto venne a cadere il principio gerarchico dell’elite pagana soppiantato dalla necessità di abolire qualsiasi differenza tra gli uomini che è uno dei cardini del cristianesimo delle origini. Il cristianesimo che può sembrare un movimento tollerante a prima vista nascondeva invece un intollerante senso di rivalsa nei confronti della cultura che lo aveva preceduto (azzarderei un parallelo col comunismo sovietico) distruggendo interamente la cultura pagana grazie alla sua capacità di conquistare le plebi (con discorsi di facile comprensione e di facile utilizzo per i ceti più poveri) e di sconvolgere il principio aristocratico della superiorità della qualità rispetto al numero (ovvero la superiorità delle imponenti plebi pelagiche e orientali dell’Urbe rispetto alle aristocrazie romane, o per lo meno di quel che ne rimaneva dopo le guerre civili). Contemporaneamente allo sfascio politico, sociale, religioso e quindi culturale della società romana sotto l’impeto fanatico del cristianesimo ( a cui non riuscì di riuscì di ribellarsi neanche Giuliano imperatore che volle ristabilire il tradizionalismo pagano) avveniva lo sfascio militare ad opera delle possenti orde barbariche provenienti dal centro-nord europa. In Italia si riversarono quindi almeno 500.000 tra goti di varie tribù, sassoni, longobardi, franchi e assieme a loro numerose altre piccole tribù di origine germanica. Queste che in parte erano ancora legate al paganesimo o alla eresia Ariana (da non confondersi con la razza Aria o Ariana), con la sola eccezione dei franchi, ristabilirono in forme grezze le aristocrazie militari e le divisioni sociali classiche delle società indoeuropee. Quindi con l’alto medio evo abbiamo un ritorno ad una europa gerarchica il cui ordinamento verrà riconosciuto dal sistema feudale che ordinerà l’impero carolingio. Al di là del grande interesse in noi suscitato dall’ordinamento imperiale non possiamo tacere le stragi che perpetrarono i carolingi sotto la pressione del papato contro chiunque non volesse abbracciare il cristianesimo abiurando le proprie origini pagane. Ora sono d’obbligo due esempi dell’influenza papale sui carolingi e gli effetti devastatori da essi causati. Lo sterminio di gran parte dei Sassoni (compresi donne e bambini) rei di non voler abbandonare Odino e Thor (Donar) e l’invasione della penisola italiana sempre da parte dei franchi e la conseguente distruzione del regno longobardo che avrebbe portato l’Italia sotto un unico regno non fosse stato per la malafede del papato romano. Tornando ai nostri argomenti tradizionali possiamo chiederci come e quando il sistema simbolico polare e artico si camuffò per resistere all’inquisitorio sistema d’intolleranza della nuova religione dominante (peraltro di chiara origine semita). I simboli come lo swastika e suoi simili vennero in parte cristianizzati e in parte modificati e inseriti nell’araldica da parte delle gilde dei disegnatori di araldica. Almeno questa è la teoria, a mio giudizio più che accettabile di Guido von List e Lanz von Liebenfels. Il primo fu l’autore di numerosi testi neo pagani tra cui “Il segreto delle Rune” in cui espone chiaramente come lo swastika e altri simboli runici vengano a far parte dell’araldica europea. In particolare ricordiamo la croce di malta come l’insieme di due croci uncinate che si contrappongono, la croce dei cavalieri teutonici come due swastika che si oppongono e di nuovo la croce di altri ordini cavallereschi e religiosi.

  

E’ possibile rintracciare simboli polari nei rosoni degli edifici religiosi medioevali come ad esempio il rosone del duomo di Parma. Molto curioso e interessante è a mio giudizio uno studio approfondito di questi temi e lo consiglio a coloro che sono soliti ammirare araldi o affreschi medioevali come ad esempio gli affreschi del castello di Issogne in Val D’Aosta dosi possono notare alcuni degli araldi con “swastika” camuffati simili a quelli descritti da Von List. Come si vedrà in modo più approfondito nel prossimo articolo “Nero, Bianco e Rosso” le due vie dell’uomo nobile o se si preferisce Ario sono quelle della religiosità o della guerra santa. Due vie che corrispondono a mio giudizio a diverse modalità di Trasmutazione alchemica di passaggio dal nero al bianco o dal nero al rosso. Ciò verrà spiegato meglio in seguito. Il simbolismo polare è sopravvissuto nonostante tutto ma ora tocca a noi farlo sopravvivere e soprattutto rinascere nel suo significato originario legato ai solstizi e alla mitica età dell’oro presso Thule. Incompreso ai più anche nell’antichità il suo significato era compreso, anche allora solo dalle èlite (sacerdoti, scaldi, bardi…) e portato come fregio e simbolo di vittoria dai guerrieri; oggi tutto sembra perso e solo una èlite ancora più ristretta può comprendere certi significati. Ma questa èlite ha il dovere di preservarsi e preservare il proprio sapere così coerentemente con i miei principi, ho cercato di preservare tutto ciò mettendo nero su bianco le mie intuizioni che penso possono interessare anche chi crede di sapere tutto in materia.

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