IL SIMBOLISMO POLARE E LA
TRADIZIONE ARTICA
(la terra di Thule e la mitica età dell’oro)
I parte
Se si volesse rintracciare nella Tradizione un elemento di
assoluta sacralità che accomuni le forme spirituali dei popoli indoeuropei non
si potrebbe trascurare il mitico continente iperboreo dove, sempre secondo la
Tradizione, gli antenati degli indoeuropei vissero quella esistenza in senso
superiore che molti autori classici Greci e Romani chiamano “Età dell’Oro”.
Questo leggendario continente situato all’estremo Nord del mondo era chiamato
terra di Thule ed essa era la patria degli Iperborei, che secondo la leggenda
furono dei semi-dei, primi antenati degli indoeuropei. Da Thule deriverebbe
secondo la mitologia Greca, Apollo, divinità solare per eccellenza e vedremo che
la solarità che deriva da Thule non è per nulla casuale. L’età dell’oro viene
descritta, ad esempio da Esiodo e da Virgilio, come un’era in cui i primi uomini
vissero un’esistenza di tipo semi-divino, lontana dalle fatiche del lavoro e
consacrata ad una esistenza rituale, nel senso che specificheremo in seguito,
superiore a qualsiasi civiltà umana venuta in ere successive. La summa delle
esperienze che questi iperborei conobbero presso Thule è detta Tradizione e i germi di quest’ultima sarebbero destinati a risiedere addormentati nel
sangue dei loro discendenti nei secoli successivi, pronti ad essere risvegliati
attraverso il rituale dell’iniziazione. Thule, dopo la fine dell’età
dell’oro, diventa irraggiungibile ed introvabile per chi non è degno di
arrivarci e inoltre nelle descrizioni mitiche è spesso rappresentata come una
montagna in mezzo al mare (si parlerà nei prossimi articoli del simbolismo della
montagna). Nelle ere successive a quella dell’oro gli unici che potranno
raggiungere Thule saranno i guerrieri attraverso una morte eroica sul campo di
battaglia.
Negli ultimi due secoli queste antiche leggende, che
sarebbe una colpa considerare solo tali, furono esaminate e comparate nelle loro
differenti versioni a seconda del ceppo indoeuropeo che le tramandò. In questo
senso hanno lavorato autori come G.Dumezil, R. Guenon e J. Evola, scandagliando
tradizioni e miti spesso degenerati in forme folkloristiche, in tutte le aree di
influenza indoeuropea, riscoprendo analogie linguistiche, culturali e spirituali
a tratti sorprendenti tra cui la succitata “Tradizione Artica” che ruota attorno
alla leggendaria Thule, la terra degli antenati di tutti gli indoeuropei che
vista in chiave moderna, potrebbe essere la “fatherland” di chi oggi, Nobile
Europeo, non vuole assoggettarsi all’omologazione della società mondialista e
multirazziale. R. Guenon oltre a scrivere numerosi libri di stampo tradizionale
con riferimento alle leggende sull’estremo Nord (Il re del mondo, Crisi del
mondo moderno) fece conoscere in Europa uno studioso indiano, Tilak, esperto di
antichi testi sacri indù che col suo libro “L’origine artica dei veda” confermò
la tendenza ad una riscoperta della Thule. I veda sono infatti i più antichi
testi sacri indù che riportano la religiosità degli Arii, una popolazione
indoeuropea proveniente dal Nord (quindi dalla pelle bianca) che invase la
penisola indiana intorno al 1500 a.c. istituendo il sistema delle caste, che
anticamente significavano “colore”, riferito al colore della pelle, ponendo ai
gradi più bassi gli autoctoni dalla pelle scura e ai gradi più alti (guerrieri e
sacerdoti) gli invasori Arii (vedremo come questa divisione non sia una forma di
discriminazione razziale ma bensì una sistemazione organica in cui ogni casta
incarna la propria funzione in base alle proprie caratteristiche spirituali e
materiali, proprie della stirpe di appartenenza). I veda antichi sono quindi la
raccolta della “religio” del popolo Ario, una religiosità di tipo uranico ed
olimpico (che cioè credeva nell’esistenza di divinità che risiedevano in una
realtà posta “fisicamente” al di sopra della terra). Tilak studiando
minuziosamente i Veda ritrovò numerosissime descrizioni di fenomeni celesti che
si potevano rilevare soltanto all’estremo Nord del mondo. Per esempio in alcuni
passi si parla di una notte e di un giorno che durano sei mesi, oppure in altri
passi, si parla della posizione di alcune stelle, come la stella polare ma in
posizioni che non sono osservabili in India ma solo al Polo nord (la stella
polare viene infatti descritta nei Veda posizionata nello zenit “come l’asse del
mondo”) oltre che dell’arrivo di un anno il cui inverno dura dieci mesi e la cui
estate solo due. Tutte questi esempi non possono essere casuali e provano che
effettivamente gli Arii derivassero dall’estremo Nord del mondo, dando così una
veste più realistica alla leggenda di Thule. Ma Tilak non si ferma qui e
rintraccia analogie di questo genere anche presso la religione Iranica e presso
alcuni filosofi presocratici come Anassimene. Un altro studioso, L. Wirth,
compie lo stesso tipo di indagine analizzando il “Crepuscolo degli Dei” nordico,
il “Ragnarokk”, giungendo a conclusioni simili a quelle di Tilak e in Italia
Renato del Ponte rintraccia un simbolismo Artico nella religiosità, nelle
misurazioni del tempo e nel simbolismo urbano di Roma antica. Si scoprì quindi
che il mitico Ragnarokk nordico presentava, come i Veda, descrizioni di fenomeni
celesti che si possono rilevare solo al Polo ed inoltre descrive, attraverso il
mito del crepuscolo degli Dei l’arrivo dell’ultima glaciazione, ovvero dal
nostro punto di vista la fine dell’età dell’oro e l’abbandono della Terra
originaria, che costringerà gli indoeuropei a spostarsi in continuazione in
cerca di terre ospitali. Una di queste è il Lazio, dove la tribù dei Latini
fondò Roma antica. E’ interessante notare come anche nella religione delle
origini Romana e nel sistema di misurazione del tempo in vigore nei primissimi
periodi emerga un simbolismo polare stupefacente che sarà oggetto di una
trattazione specifica in futuro. Possiamo dire in conclusione come anche i
Romani, in quanto popolazione indoeuropea, presentino reminiscenze artiche e
quindi legate, dal punto di vista mitico e metastorico, all’età dell’oro
e al simbolismo di Thule. Per concludere possiamo affermare di aver tracciato un
inquadramento generale in cui inserire in futuro una descrizione sui simboli e
sui significati della Tradizione indoeuropea affinché essa ci guidi nell’attuale
età di decadenza che stiamo attraversando. Inoltre è importante riscoprire
questo tipo di retroterra tradizionale per ricongiungersi a quelle forme di
pensiero che più ci avvicinano alle nostre radici etniche e conoscitive per
ritrovare una visione del mondo che sia al tempo stesso nuova ma anche antica da
contrapporre all’ideologia massificante della globalizzazione e della società
multiculturale e multirazziale che per loro stessa natura distruggono le realtà
preesistenti per poi ricomporle su base esclusivamente economica e
consumistica.
IL SIMBOLISMO POLARE E LA TRADIZIONA ARTICA
(la terra di Thule e la mitica età dell’oro)
II parte
Nel precedente articolo abbiamo delineato come esistesse presso
gli indoeuropei un mito, quello di Thule, collegato ad una più alta forma di
esistenza, che rappresenta il ricordo trasposto in chiave mitica della patria
originaria degli indoeuropei. Ma la forza di un mito trova sempre una
rappresentazione simbolica e in questo caso la simbologia che andiamo prendere
in esame è quanto di più evocativo possa esserci per chi come noi voglia creare
un movimento di vera destra radicale. Questa simbologia è quella dello swastika,
del fyrfos, della ruota del sole e della croce celtica. Mi rendo conto che gli
avvenimenti della prima metà del secolo scorso abbiano messo in cattiva luce
alcune simbologie, come quella dello swastika, che secondo me andrebbero
riproposte nel loro significato originario, così come suggerito dalla Tradizione
stessa. Per quanto riguarda gli altri simboli, come la croce celtica, è utile
delinearne il vero significato e la sua vera collocazione spirituale dopo che
agli occhi dell’opinione pubblica essa è stata associata troppo spesso a
fenomeni che con la vera destra tradizionale e radicale nulla hanno a che
spartire. Allo swastika sono associati da parte di numerose tradizioni alcuni
significati di base che ritengo oltremodo indispensabile esaminare:
- CENTRALITA’: Il centro dello swastika è la parte più importante di questo
simbolo. Si può pensare ad esso come il popolo Ario stesso.
- SOLARITA’ Nel centro molti autori collocano la posizione del sole o per lo
meno del principio o motore immobile dell’universo. A mio parere sono gli uncini
a possedere il senso di solarità. Vedremo in seguito perché.
- PREDESTINAZIONE ALLA NOBILTA’ E AL COMANDO Secondo alcune leggende chi vede
uno swastika in sogno è predestinato al comando. Inoltre il numero di
riferimento dello swastika è il 12+1 ovvero il 13 numero che contraddistingue, e
vedremo perché, il prescelto.
- FORZA VORTICOSA DI PERENNE RIVOLUZIONE Dal centro si sviluppa una forza di
rotazione che il centro stesso (motore immobile) provoca ma di cui non fa
parte. Vedremo che da questa si può pensare come trasposizione in chiave meta
politica al capo di un popolo che ordina in modo sacro la società che è
destinato a comandare senza però che gli umori e le pulsioni inferiori della
massa lo possano turbare.
Detto ciò bisogna ricollegare la Tradizione e il suo simbolismo
alle festività che più di tutte la rappresentano ovvero i riti ancestrali del
solstizio celebrati con l’accensione di un falò sacro. I solstizi sono due
quello d’estate e quello d’inverno. Gli antichi indoeuropei vedevano nel
solstizio d’inverno il momento più tragico nella “vita” del sole poiché la notte
era la più lunga dell’anno e quindi il sole sembrava morire senza mai più
rinascere. Dalla festività del solstizio d’inverno nasce il Natale. Infatti la
data del 25 dicembre è la data approssimativa del solstizio che gli antichi
indoeuropei collocavano tra il 21 e il 25 dicembre a seconda del ceppo di
appartenenza (la scarsa precisione è imputabile ovviamente alla mancanza di
precisi strumenti di misurazione). Un esempio su tutti è la nascita di Mitra dio
sole della religione iranica che nasce il 25 dicembre. Anche le usanze
dell’albero di Natale e dei doni sono di origine pagana. Il solstizio d’estate
era invece il momento del trionfo e dell’apoteosi del sole. Esso veniva
festeggiato sempre con l’accensione di un falò (pratica che si può facilmente
rintracciare nella festa di S.Giovanni in quel di Torino).
La mia
personale teoria sullo Swastika parte dalle origini artiche delle stirpi Arie
che avrebbero dovuto assistere, alle origini della loro esistenza quando
abitavano nella regione artica, quindi dal punto di vista mitico presso la terra
di Thule, a fenomeni celesti del tutto particolari come quello del sole che
sembra ruotare, senza mai calare, attorno alla testa dell’osservatore che
sarebbe così al centro del moto di rivoluzione apparente del sole attorno alla
terra. Ho assistito personalmente a questo fenomeno, detto comunemente sole di
mezzanotte, in gioventù a capo Nord in Norvegia in occasione del solstizio di
estate. In effetti per un osservatore posto nella regione artica il sole, in
quel momento, sembra girargli attorno compiendo un moto di rivoluzione
apparente. Di qui la mia teoria sul significato dello swastica in cui gli Arii
sarebbero il centro della croce e gli uncini sarebbero le varie fasi del sole
nel suo moto di rivoluzione apparente attorno al polo.
Dalle figura anche se un po’ artigianale, si può appurare come
la mia teoria sia facilmente comprensibile. Nella figura tradizionale seguente
si può notare ancora meglio l’adattabilità della mia tesi.
Ora mi auguro che il lettore attento possa applicare senza
difficoltà allo swastika le caratteristiche enunciate precedentemente (Solarità,
Centralità, Forza vorticosa di perenne rivoluzione)
Per ciò che
riguarda il significato numerico e di predestinazione bisogna ricordare che lo
swastika può essere rappresentato da dodici punti più il punto centrale. Il
dodici è un numero il cui simbolismo sacro si manifesta nel numero dei mesi
dell’anno, nel numero dei segni dello zodiaco, nel numero degli Ansen (gli eroi
che siedono accanto a Odino nel Wahlalla), nel numero delle verghe che
compongono il fascio, nel numero degli dei Olimpici, nel numero dei cavalieri di
Re Artù, nella durata del III Reich e infine nella tradizione cristiana, quindi
appartenente a un ciclo già decadente, nel numero degli apostoli. Il punto
centrale, il tredicesimo, è quello che contraddistingue il prescelto e/o
l’eletto, colui che è destinato a compiere più alte imprese. Basti per tutti
l’esempio di Parzival il cavaliere della Tavola Rotonda che sedette nel
tredicesimo seggio senza subire disgrazie (al contrario di coloro che vi si
erano seduti in precedenza) dimostrando di essere colui in grado di cercare il
Santo Graal. Il centro dello swastika è il tredicesimo seggio, quindi il punto
più importante in cui si situa il motore immobile, la forza prima della forza di
rivoluzione che non viene però coinvolta dal moto stesso. Ora si può capire
pensando al tredicesimo, cioè all’eletto, la leggenda orientale in cui chi vede
uno swastika fiammeggiante nel cielo durante il sonno, è destinato a comandare.
Lo swastika può essere sostituito da figure leggermente diverse dal punto di
vista grafico ma equivalenti dal punto di vista simbolico. Queste figure sono la
ruota del sole, il Tryfos, la croce uncinata e la croce celtica.
Nelle figure abbiamo rispettivamente una ruota del sole, una
celtica e una croce uncinata. La croce celtica assume oltre al significato
solare anche un significato di collegamento tra mondo terreno e mondo celeste.
Infatti l’asse orizzontale rappresenta il mondo terreno mentre quello verticale
il mondo celeste. Inoltre il simbolismo è doppio in quanto il cerchio è
tradizionalmente un simbolo di divinità mentre la croce un simbolo di
materialità. Per finire ricordiamoci che le croci celtiche venivano scolpite
nella pietra e conficcate nella terra creando quindi un asse simbolico terra
cielo così come i menhirs preistorici. Parleremo in seguito dei dati
archeologici legati a questi simboli.
IL SIMBOLISMO POLARE E LA TRADIZIONA ARTICA
Come il simbolismo polare arrivò sino a Noi
III parte
Sino ad oggi abbiamo descritto significati e origini etniche e
tradizionali indoeuropee al di fuori della storia di cui comunemente siamo
abituati a parlare. Ovvero l’esperienza di Thule che si colloca prima
dell’inizio della storia stessa (per questo parliamo di riferimento mitico) e
delle manifestazioni della tradizione nell’ evo antico. Ma ora dobbiamo
occuparci di come si è passati dal cosiddetto evo antico al medioevo e quali
sconvolgimenti culturali si sono accompagnati a questi fenomeni. Con la
diffusione del cristianesimo tra le plebi del mondo conosciuto venne a cadere il
principio gerarchico dell’elite pagana soppiantato dalla necessità di abolire
qualsiasi differenza tra gli uomini che è uno dei cardini del cristianesimo
delle origini. Il cristianesimo che può sembrare un movimento tollerante a prima
vista nascondeva invece un intollerante senso di rivalsa nei confronti della
cultura che lo aveva preceduto (azzarderei un parallelo col comunismo sovietico)
distruggendo interamente la cultura pagana grazie alla sua capacità di
conquistare le plebi (con discorsi di facile comprensione e di facile utilizzo
per i ceti più poveri) e di sconvolgere il principio aristocratico della
superiorità della qualità rispetto al numero (ovvero la superiorità delle
imponenti plebi pelagiche e orientali dell’Urbe rispetto alle aristocrazie
romane, o per lo meno di quel che ne rimaneva dopo le guerre civili).
Contemporaneamente allo sfascio politico, sociale, religioso e quindi culturale
della società romana sotto l’impeto fanatico del cristianesimo ( a cui non
riuscì di riuscì di ribellarsi neanche Giuliano imperatore che volle ristabilire
il tradizionalismo pagano) avveniva lo sfascio militare ad opera delle possenti
orde barbariche provenienti dal centro-nord europa. In Italia si riversarono
quindi almeno 500.000 tra goti di varie tribù, sassoni, longobardi, franchi e
assieme a loro numerose altre piccole tribù di origine germanica. Queste che in
parte erano ancora legate al paganesimo o alla eresia Ariana (da non confondersi
con la razza Aria o Ariana), con la sola eccezione dei franchi, ristabilirono in
forme grezze le aristocrazie militari e le divisioni sociali classiche delle
società indoeuropee. Quindi con l’alto medio evo abbiamo un ritorno ad una
europa gerarchica il cui ordinamento verrà riconosciuto dal sistema feudale che
ordinerà l’impero carolingio. Al di là del grande interesse in noi suscitato
dall’ordinamento imperiale non possiamo tacere le stragi che perpetrarono i
carolingi sotto la pressione del papato contro chiunque non volesse abbracciare
il cristianesimo abiurando le proprie origini pagane. Ora sono d’obbligo due
esempi dell’influenza papale sui carolingi e gli effetti devastatori da essi
causati. Lo sterminio di gran parte dei Sassoni (compresi donne e bambini) rei
di non voler abbandonare Odino e Thor (Donar) e l’invasione della penisola
italiana sempre da parte dei franchi e la conseguente distruzione del regno
longobardo che avrebbe portato l’Italia sotto un unico regno non fosse stato per
la malafede del papato romano. Tornando ai nostri argomenti tradizionali
possiamo chiederci come e quando il sistema simbolico polare e artico si camuffò
per resistere all’inquisitorio sistema d’intolleranza della nuova religione
dominante (peraltro di chiara origine semita). I simboli come lo swastika e suoi
simili vennero in parte cristianizzati e in parte modificati e inseriti
nell’araldica da parte delle gilde dei disegnatori di araldica. Almeno questa è
la teoria, a mio giudizio più che accettabile di Guido von List e Lanz von
Liebenfels. Il primo fu l’autore di numerosi testi neo pagani tra cui “Il
segreto delle Rune” in cui espone chiaramente come lo swastika e altri simboli
runici vengano a far parte dell’araldica europea. In particolare ricordiamo la
croce di malta come l’insieme di due croci uncinate che si contrappongono, la
croce dei cavalieri teutonici come due swastika che si oppongono e di nuovo la
croce di altri ordini cavallereschi e religiosi.
E’ possibile rintracciare simboli polari nei rosoni degli
edifici religiosi medioevali come ad esempio il rosone del duomo di Parma. Molto
curioso e interessante è a mio giudizio uno studio approfondito di questi temi e
lo consiglio a coloro che sono soliti ammirare araldi o affreschi medioevali
come ad esempio gli affreschi del castello di Issogne in Val D’Aosta dosi
possono notare alcuni degli araldi con “swastika” camuffati simili a quelli
descritti da Von List. Come si vedrà in modo più approfondito nel prossimo
articolo “Nero, Bianco e Rosso” le due vie dell’uomo nobile o se si preferisce
Ario sono quelle della religiosità o della guerra santa. Due vie che
corrispondono a mio giudizio a diverse modalità di Trasmutazione alchemica di
passaggio dal nero al bianco o dal nero al rosso. Ciò verrà spiegato meglio in
seguito. Il simbolismo polare è sopravvissuto nonostante tutto ma ora tocca a
noi farlo sopravvivere e soprattutto rinascere nel suo significato originario
legato ai solstizi e alla mitica età dell’oro presso Thule. Incompreso ai più
anche nell’antichità il suo significato era compreso, anche allora solo dalle
èlite (sacerdoti, scaldi, bardi…) e portato come fregio e simbolo di vittoria
dai guerrieri; oggi tutto sembra perso e solo una èlite ancora più ristretta può
comprendere certi significati. Ma questa èlite ha il dovere di preservarsi e
preservare il proprio sapere così coerentemente con i miei principi, ho cercato
di preservare tutto ciò mettendo nero su bianco le mie intuizioni che penso
possono interessare anche chi crede di sapere tutto in materia.
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